L’eredità che Matteo Ripa ha lasciato al XVIII secolo va ben oltre quel “Collegio dei cinesi e degli indiani” che nel 1724 fonda nella dinamica capitale borbonica. Il suo straordinario “reportage calcografico”, composto da 36 immagini incise a bulino, “illuminerà” il Regno Unito e l’Europa intera sulla cultura e la filosofia di un Oriente ancora sconosciuto ai più.
Per Matteo Ripa i giardini cinesi, come quelli di Jehol, altro non erano che un ordinato stato selvatico (una natura rimasta tale anche se organizzata dagli uomini) con sinuosi ruscelli e piccole isole artificiali collegate da ordinati ponti, una grande varietà di alberi e siepi lasciati crescere spontaneamente. In tutta questa artificiosa irregolarità: case, padiglioni e sentieri plasmavano un paesaggio “al naturale” all’interno del quale era inserita la villa dell’Imperatore. Contemporaneamente, le sue stampe illustravano, in maniera visibile, quest’opera meritoria frutto di una cultura ancora sconosciuta, ma visibilmente in grado di creare un paesaggio naturale, senza mortificarlo, ma seguendo logiche dettate da solidi principi filosofici.
A questo punto diventa opportuno, oltre che interessante, riportare integralmente la descrizione che Matteo Ripa fa di quanto visto e disegnato a Jehol:
“… Questa [riferita alla villa di Jehol], e le altre ville di altri signori da me vedute sono tutte di un medesimo gusto, tutto diverso dal nostro Europeo, poiché siccome noi qui coll’arte proccuriamo di allontanarci dal naturale, ponendo in piano le colline, diseccando le acque morte de’ laghi, barbicando gli alberi silvestri, addirizzando le strade, fabbricando con grande industria de’ fonti, piantando con buon ordine i fiori, e simili; i Cinesi al contrario procurano coll’arte imitare la natura, facendo di terra un intreccio di ponticelli, e colline con vie in alcuni luoghi larghe, e diritte, in altri torte, tramezzate da varj sentieri in alcuni luoghi angusti, ed in altri più spaziosi, ove piani, e ove erti, quando diritti, e quando ritorti, passando per monti (alcuni de’ quali sono connessi da pietre rustiche assai ben disposte al naturale), e per valli, indi per varj ponti costrutti su de’ fiumi,e ruscelli, che con acqua introdotta ad arte si formano, e per essi si passa da una parte all’altra, e si va parimenti per mezzo di essi in alcune isolette situate nel mezzo de’ laghi, nelle sommità delle quali vedonsi alcuni casini di ricreazione, ove o per detti ponti, o colle barchette vanno a diporto delle donne, specialmente quando sono faticate dalla pesca, che vi fanno, essendo ricchissime quelle acque di pesci, sul principio introdotti ad arte, e poi moltiplicati di per loro: e vi si moltiplicano a meraviglia: ed acciò per la corrente dell’acqua non si disperdino, tengono a bella posta situate le reti di ferro nelle bocche delle mura, dalle quali esce l’acqua. Vi sono ancora delle madreperle, che con piacere si osservano su di quelli scogli fatti ad arte con molti sassi connessi insieme al naturale; oltre i ponticelli, e colli suddetti. Alcuni de’ quali sono del tutto nudi di alberi, ed altri di essi frequentissimi tutti silvestri. Vi si vedono anche de’ boschi, nei quali vi sono molti cerviotti, lepri, e certi animali molto simili a’ cervi piccoli, che producono il muschio; e delle pianure: ed acciò in tutto si imiti la natura, in alcune di queste pianure vi seminano del grano e de’ legumi. Vi sono anche de’ giardini di alberi fruttiferi, e con fiori, ed erbe odorose, e da passo in passo in buoni siti, si ravvisano de’ casini di ricreazione, le abitazioni degli Eunuchi, e poi il serraglio delle donne, avanti il quale, in una gran targatura, vi si fa per loro diporto una volta il mese la fiera, ed i mercanti sono gli stessi Eunuchi, che vi vendono ogni sorta di cose le più rare, e le più pregiate. Per descrivere la detta villa in poche parole, dico che ha molto del gusto de’ buoni presepi, i quali si fanno qui in Napoli per rappresentare al naturale la natività di Nostro Signor: [a Napoli nel settecento era fiorente l’arte del presepe, in queste realizzazioni veniva rappresentato un microcosmo paesaggistico, quasi iperrealista, in cui la natura e la vita quotidiana venivano proposte in tutte le loro forme] e dell’istesso gusto sono fatte tutte le altre di tanti signori per esser questo il gusto de’ Cinesi nelle loro ville e ne’ giardini di ricreazione. …”.
Di seguito potete ammirare le 36 incisioni che ritraggono la residenza estiva di Jehol. Ogni immagine contiene la didascalia, in italiano, annotata dallo stesso Matteo Ripa: