L’incontro con Enzo Paudice avviene sul terreno della militanza politica, in una visione del mondo personale assai attuale nella vena “oscura” di pessimismo che pervade la pittura e i disegni preparatori dell’autore. L’artista s’inserisce nel presente per testimoniare una realtà negativa, quella della costruzione dell’individuo nella società con le sue obbligazioni notabili fisicamente nel corpo come una fascia aggiuntiva alla gabbia che ci portiamo appresso. Le figure si muovono così nei vari contesti pubblici e/o privati che scandiscono i ritmi della nostra vita priva di libertà. La libertà negata è elemento idoneo a comprendere il messaggio figurativo.
I personaggi sono stretti da fasce che comprimono la forza dell’eros come creatività che viene da lontano, dalla nostra cultura, e che permette il delinearsi di movimenti che animano il nostro agire. Sullo sfondo di paesaggi scuri o del tutto assenti per far posto a interni bui, dove risalta la luminosità dei legami che avvinghiano le figure in movimento, in posa o in pausa di riflessione, affiora la nostra coscienza: quella di un mondo dalla libertà negata, all’interno del quale però tutto si muove.
Il movimento, in parte, non è determinato dal nostro essere, in parte manifesta un desiderio di continuità nonostante la realtà stessa. Le tre grazie ermafrodite, Abbronzatura in riviera, Signora coi tacchi a spillo alla fermata dell’autobus, École d’aérobique, sono espressioni di quest’ambiguità su cui giuoca Paudice con lucidità fra alienazione e coscienza. Così sembra muoversi nella sua autorità, spesso non derivata dalla competenza e comprensione, il critico d’arte seduto alle spalle del paesaggio, quasi a volger la schiena, e quindi l’attenzione, all’arte come natura, tutto rivolto a decantare l’artificio “convenzionale” dell’uomo.
In tre quadri possiamo notare un invito verso un futuro migliore che, forse – ripetiamo forse – porterà a sciogliere le bende per riappropriarci completamente dell’eros creativo senza cui l’uomo non può esistere. Alla ricerca dell’uomo e Le odalische partecipano a questa possibile rinascita che ci è ora negata anche e forse – ripetiamo forse – dall’imperterrita distruzione della nostra stessa vita provocando il Pianto dell’Amazzonia per la morte di Chico Mendes.
Massimo Venturi Ferriolo
Docente di Filosofia della Storia
Università degli studi di Salerno